SIRIA: oltre 500.000 vittime dall’inizio della guerra. Bombe, fame e gelo stanno facendo vittime civili nell’indifferenza di molti.

In tempi in cui le notizie sono monopolizzate dal Coronavirus – ma abbiamo imparato che oggi è il turno del Coronavirus, ieri è stato quello delle spaccature all’interno della maggioranza italiana, domani sarà il Super Tuesday in USA, solo per fare alcuni esempi – la Siria non fa notizia. Ma, parliamoci chiaro, la Siria non ha mai fatto notizia, se non sporadicamente per il gioco di qualche potenza mondiale di turno in campo.

Invece a Idlib, appunto in Siria, è in atto una guerra che non risparmia nessuno, ma proprio nessuno, nemmeno le donne e bambini: una vera e propria strage silenziosa, che si sta consumando nell’indifferenza generale.

I volontari delle organizzazioni umanitarie, che tentano di salvare i civili  dai raid aerei e dal gelo, denunciano, impotenti e inascoltati, un vero e proprio massacro. I bambini fuggono dalla città, oscurata dai raid,  trovando ripari di fortuna sulle montagne e lì spesso invece trovano la morte per il gelo.

Idlib, nella zona nord occidentale della Siria, è l’epicentro di combattimenti tra le forze governative di Assad, sostenute dalla Russia di Vladimir Putin, e le milizie ribelli appoggiate dalla Turchia di Erdoğan, che sono cominciati da tempo e si sono intensificati nelle ultime settimane. Ma soprattutto non risparmiano nessuno e a pagarne maggiormente le conseguenze sono le donne e i bambini.

L’ultima strage di civili risale allo scorso 25 febbraio quando i bombardamenti hanno colpito aree densamente popolate sia nella città di Idlib che in quella di Mareet Misirin, provocando la morte di almeno 18 persone e il ferimento di almeno 185, di cui la metà erano donne e bambini.

Su questo ultimo episodio in ordine di tempo, Medici Senza Frontiere fa sapere che almeno 66 dei feriti sono arrivati in ospedale in gravi condizioni e  tra questi c’erano 14 bambini.

“Abbiamo ricevuto i corpi dei morti. Abbiamo ricevuto i feriti. Tanti bambini, tante donne. Corpi amputati. Sono giornate di sangue. Fino a quando la comunità internazionale resterà in silenzio?”, denunciano medici e infermieri impegnati sul campo della tragedia.

Secondo le stime dell’Uhncr, l’agenzia ONU per i rifugiati, l’offensiva da gennaio a oggi ha provocato la morte di 298 civili, mentre un milione di persone è stata costretta a lasciare il Paese.

La tragedia viene peggiorata dal fatto che gli sfollati non hanno un vero e proprio posto dove andare. L’unico orizzonte, infatti, è la frontiera turca, che è però chiusa, e da dove, dalla cronaca di questi giorni, vengono lanciati lacrimogeni.

Donne, uomini e bambini, dunque, hanno un solo posto dove accamparsi, sulle montagne, in attesa di una mano che però non arriva da nessuno. I piccoli muoiono di freddo, così come è capitato lo scorso 13 febbraio a Iman Mahmoud Laila, una bambina di un anno e mezzo che viveva in una tenda di fortuna e che, a causa del gelo, è morta nell’indifferenza generale del mondo.

Secondo un’altra fonte accreditata, l’Ong Save The Children, dall’inizio dell’anno sono 22 le scuole bombardate.

“Nove anni dopo l’inizio della crisi, il governo siriano continua a mostrare profondo disprezzo per le leggi di guerra e per la vita dei civili. Gli attacchi alle scuole fanno parte di una politica sistematica di attacchi contro le popolazioni civili e costituiscono crimini contro l’umanità e crimini di guerra”, ha dichiarato la Direttrice di Amnesty in Medio Oriente.

La presenza della superpotenza russa da una parte e della Turchia dall’altra rendono impotenti gli altri Paesi, che preferiscono la conservazione di delicati equilibri geopolitici a un deciso intervento politico a risoluzione di questi massacri di civili. Eppure in altre situazioni, dove erano in gioco interessi economici e di controllo geopolitico, le grandi superpotenze e l’Europa stessa non hanno risparmiato l’intervento non solo politico, ma anche militare.

Appunto l’Europa.

Recentemente tredici ministri dell’Unione Europea, tra cui quello italiano, hanno lanciato un appello affinché si fermi “un nuovo disastro umanitario” chiedendo alle milizie del regime siriano di “porre fine a questa offensiva e di riprendere il cessate il fuoco stabilito nell’autunno 2018”.

Ancora più recentemente la NATO ha annunciato lo spiegamento della difesa aerea in Siria contro gli aerei russi, come se i russi fossero gli unici colpevoli.

Nel suo comunicato, la NATO torna a chiedere un ritorno immediato al cessate il fuoco del 2018. “L’incontro di oggi è un segno di solidarietà con la Turchia…l’alleata della Nato più colpita dalla maggior parte degli attacchi terroristici e dove vivono milioni di rifugiati. La Nato continua a sostenere la Turchia…ringrazio la Turchia per aver informato regolarmente gli Alleati sulla situazione in Siria…”, recita il comunicato NATO.

Quindi, secondo la NATO, l’occupazione di Idlib da parte della Turchia avviene nel pieno rispetto del diritto internazionale?

E’ normale, secondo la NATO, che la Turchia sia il Paese che più si è impegnato a introdurre bande terroristiche sul territorio siriano?

E’ normale, secondo la NATO, che avvengano respingimenti dei rifugiati siriani ai confini turchi con ogni mezzo?

Intanto, mentre il Comunicato della NATO si piega al sostegno della Turchia, la Siria continua a essere il Paese più colpito da quasi un decennio di guerra scatenata da potenze esterne.

La Siria continua a essere il Paese che ancora oggi subisce le conseguenze delle sanzioni da parte dei Paesi Occidentali.

La Siria continua a essere il Paese che conta oltre 500.000 vittime, di cui la maggior parte civili, dall’inizio della guerra.

In Siria si continua a morire per i raid aerei, per la fame e per il gelo, per gli  equilibri geopolitici di chi decide e per la indifferenza di molti.

Domenico Mecca

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